Parliamoci chiaro. La geolocalizzazione e la realtà aumentata sono una figata incredibile. La possibilità di interagire con un’applicazione attraverso i dati comunicati dal nostro corpo o dai sensori all’interno del dispositivo rende l’applicazione molto più “viva”, dando una sensazione di apparente compagnia.
Pensa ad esempio ai software o app per dispositivi mobili che fungono da personal trainer. Ne esistono di diversi tipi e concezioni, dal semplice contapassi al più evoluto sensore in grado di valutare le tue ripetizioni in palestra con indicatori quali velocità, correttezza del movimento e obiettivi. Il tutto è reso ancora più divertente dalla possibilità di confrontare le proprie prestazioni quella degli altri utenti, creando una sorta di funzione “multiplayer” con cui sbeffeggiare amici e non.
Ma i veri vincitori di questo genere di applicazioni sono indubbiamente quelle dedicate alla corsa. Colossi come Runtastic, Runkeeper, Endomondo e tanti altri sono diventati ormai un must dei cellulari di ogni sportivo che si rispetti. Ma è tutto oro quello che luccica?
Ascoltando l’associazione dei consumatori norvegese e le parole pubblicate da Repubblica del presidente della stessa associazione Finn Myrstrad, non proprio. Questa volta però non si tratta di hacker vogliosi di sapere le nostre performance sportive. L’accusa rivolta a questo genere di applicazioni è la completa dispersione dei dati degli utenti.
Non solo quando l’app è attiva, momento in cui informazioni quali velocità,tempi, calorie e tante altre caratteristiche della stessa persona. Ai titolari della società americana che possiede RunKeeper (FitnessKeeper) viene contestato il fatto che la geolocalizzazione e la conservazione dei dati continui anche al di fuori delle attività sportive, così da poter raccogliere più dati possibili ed inviarli negli USA per scopi di Marketing.
I punti critici però non si fermano qui. A detta degli stessi norvegesi, la chiusura di un account non implica la cancellazione delle informazioni che vi erano contenute. Ovviamente, i proprietari dell’azienda hanno dato pieno supporto alle autorità norvegesi, affermando che prenderanno provvedimenti nel minor tempo possibile.
Non sono i primi inoltre ad affrontare una crisi simile. App come Tinder e Happn (sai di cosa sto parlando sù, non farmi perdere tempo a spiegarlo!) sono state recentemente sottoposte ad inchieste sulla stessa materia. E’ chiaro che di questi tempi la lotta per la difesa delle proprie informazioni personali sia molto più attiva che in passato.
Certo, si rimane basiti quando il “furto” non provenga da un hacker, ma sia intrinseco nel software stesso!
Continueremo a tenerti informato sull’argomento!